Come pedagogista che lavora da molti anni per a.l.f.a., un contesto associativo che si occupa
di sordità sotto diversi aspetti, ho avuto modo di incontrare e conoscere molte famiglie e
molti bambini, entrare nelle loro storie, e avere il privilegio di vedere quei bambini diventare
ragazzi, accompagnandoli nei loro percorsi di crescita e scolastici, a volte in maniera serena e
indolore, altre volte attraversando mille difficoltà.

Insieme ad una collega ci siamo però rese conto che avremmo potuto e dovuto fare di più,
sfruttando anche la forza dell’Associazione. Infatti osservando e ascoltando i problemi, i
dubbi e le incertezze dei vari ragazzi, c’erano dei fili rossi che costantemente tornavano, dei
temi che inconsapevolmente legavano tanti ragazzi e tanti genitori, a cui abbiamo voluto
rivolgere un’attenzione specifica ma non più individuale, creando un gruppo che potesse
diventare il contenitore di tante storie e di tante voci, diverse ma allo stesso tempo simili.

Storicamente i soci di a.l.f.a. sono sordi oralisti, così come i ragazzi a cui facciamo
riferimento, divisi più o meno a metà tra portatori di protesi acustiche e impianti cocleari,
tutti frequentanti scuole del territorio, con insegnanti di sostegno e assistenti alla
comunicazione che li supportano. Tutti comunque alle prese, chi prima chi dopo, con le mille
domande e paure che il periodo adolescenziale comporta.

Alcuni vivono esperienze di isolamento ed emarginazione all’interno della scuola, altri non si
sentono realmente inclusi all’interno della classe, ma vivono comunque esperienze
gratificanti all’esterno (come ad esempio nello sport), altri ancora non hanno particolari
problemi relazionali, ma arrivati al momento in cui inizi a porti delle domande sul “perchè è
capitato proprio a me”, sentono il bisogno di confrontarsi con chi li può capire.

La questione dei rapporti con i compagni di classe è sempre molto viva e sentita da tutti:
come porsi e presentarsi all’arrivo in una nuova scuola, come reagire quando i compagni non
capiscono e recriminano “diversi trattamenti” da parte dei docenti, come spiegare agli altri i
propri bisogni senza pretendere sempre tutto a priori … Ma anche, come vengono vissute le
figure di sostegno (specialmente a scuola) in un’età in cui si ha voglia di fare da soli e di
svincolarsi da tutto quello che è percepito come una pesante zavorra, che accentua ed
evidenzia la diversità agli occhi del gruppo …

Ecco, soprattutto questo, come sentire e gestire la propria diversità, in un mondo e in un
momento della propria vita che mira all’omologazione, all’accettazione da parte degli altri,
ancora prima che all’accettazione di noi stessi.

Temi difficili, molto caldi e complessi, che abbiamo scelto di affrontare con la leggerezza di
chi non pretende di trovare soluzioni, addentrandosi in terreni pericolosi, ma che prova ad
attivare delle risorse. In questo caso la grande risorsa è il gruppo, la condivisione delle
esperienze di chi ci è già passato, o la spensieratezza di chi certi problemi magari ancora non
se li pone, creano un “mutuo-aiuto” che poi si concretizza in attività, discussioni, lavori fatti
insieme, in un contesto di scambio piacevole e accogliente.

DESTINATARI

L’idea iniziale è stata quella di coinvolgere i ragazzi già seguiti all’interno del nostro progetto
di supporto pedagogico, per garantire un contesto intimo e conosciuto, che avrebbe favorito
l’instaurarsi di una comunicazione più significativa e mirata. In realtà nel corso del tempo il
numero dei partecipanti è andato via via crescendo, abbiamo accolto anche “membri
esterni”, con una scelta che si è rivelata poi vincente.

La proposta ha preso avvio nel gennaio 2016 per proseguire fino ad oggi, inizialmente con
due gruppi distinti (Junior per la fascia d’età della secondaria di primo grado, e Teen per i
ragazzi delle superiori), che si sono poi fusi in un gruppo unico, che oggi conta circa 18
ragazzi tra gli 11 e i 20 anni circa, che si collocano in una fascia scolare tra la scuola
secondaria di primo grado e il primo anno di università. Il gruppo è sempre disponibile ad
accogliere nuovi membri: agli incontri capita che partecipino anche dei fratelli (udenti) che
hanno piacere ad “accompagnare” il proprio fratello/sorella durante il pomeriggio, oppure
alcuni amici (sordi e non) che vengono invitati dai ragazzi stessi.

GLI OBIETTIVI

Gli incontri sono pensati prima di tutto come momento informale e piacevole, in cui
sperimentare tranquillità e leggerezza, senza sentire obblighi e/o imposizioni rispetto a
questioni “gravose” di cui dover parlare a tutti i costi. Del resto, anche quando sono presenti
relazioni esterne abbastanza soddisfacenti, a partire dalla pre-adolescenza spesso subentra
una certa difficoltà nel parlare con i pari di argomenti legati alla propria sordità, e non solo. Il
gruppo in questo caso è diventato un contesto privilegiato in cui potersi aprire senza timore
del giudizio.

I nostri obiettivi sono:

 permettere il confronto tra pari su questioni di interesse comune;
 favorire e sostenere dinamiche di ascolto e comunicazione;
 garantire uno spazio e un tempo di condivisione con chi vive la stessa condizione;
 stimolare una riflessione sulla propria identità;
 instaurare possibili nuove relazioni e creare momenti di incontro piacevole.

COME E QUANDO?

La metodologia utilizzata considera il gruppo come mediatore, strumento e facilitatore della
conversazione all’interno del quale sono i ragazzi ad essere supporto e sostegno gli uni degli
altri. Conduttrici degli incontri sono le due pedagogiste di a.l.f.a., che danno alle proposte un
taglio e un’impronta esclusivamente educativa e pedagogica.

Gli incontri hanno in genere una cadenza mensile, per la durata dell’anno scolastico, inoltre
all’inizio e alla fine del percorso sono previsti dei momenti in cui vengono coinvolti anche i
genitori per dar loro un rimando sulle attività progettate e sulla partecipazione dei ragazzi.

LE ATTIVITA’ PROPOSTE: ALCUNI ESEMPI

Quello che abbiamo proposto ai ragazzi nel corso di questi due anni è stato ampio e
variegato, sempre con l’intento di farli riflettere e ragionare sulla propria soggettività: i
propri punti di forza e di debolezza, le proprie difficoltà e le proprie strategie, le proprie
paure e i propri desideri per il futuro. Eccone alcuni esempi:

– Rappresentazione di sé attraverso una modalità espressiva che utilizzasse diversi
materiali di recupero, ritagli di giornale, colori ecc. (gruppi 2016);

– Rappresentazioni grafiche della propria idea di cambiamento e trasformazione
(gruppo 2017);

– Visione di cortometraggi che trattano tematiche incentrate sulle fatiche relazionali
legate alla sordità (“Io straniera” gruppo Teen 2016), sull’attivazione delle risorse
davanti alle difficoltà (“Wing” gruppo Junior 2016), e sulla crescita e distacco genitori-figli
(“Piper” Disney-Pixar, gruppo 2017);

– Lavoro di gruppo per la costruzione in 3-D di un oggetto comune: una giraffa. Come
collaboriamo? Chi decide? Come lo realizziamo? (gruppo Junior 2016);

– “Gioco dell’oca sulla scuola”: giocando si riflette insieme su diversi aspetti della
propria esperienza scolastica: rapporti con i compagni, insegnanti di sostegno,
assistenti alla comunicazione, PEI… (Gruppi 2016);

– Incontro e confronto con un’adulta sorda affermata nel mondo del lavoro (gruppo
Teen 2016);

– Racconto e condivisione dei ragazzi delle proprie passioni e dei propri interessi,
attraverso oggetti, filmati, foto portati da loro (gruppo 2017);

– Simulazioni di alcune situazioni critiche a scuola: esclusione dal gruppo durante
l’intervallo, e una lezione particolarmente difficile da seguire. I ragazzi recitano
improvvisando, alcuni osservano, alla fine si confrontano sulle possibili strategie
(gruppo 2017).

RIFLESSIONI FINALI

Siamo partiti dalla constatazione di alcune difficoltà e criticità ricorrenti, abbiamo pensato di
unire le forze per provare a farvi fronte, e in questo sentiamo di aver raggiunto un obiettivo
importante.

Sono sordo … a chi lo dico? Come faccio a dirlo? Come hai fatto tu? Come sono i tuoi
compagni di classe? Come sono i tuoi prof.? Ti aiutano? Che differenza c’è tra insegnante
di sostegno e assistente alla comunicazione? Come ti trovi con l’impianto cocleare? Quali
sono le tue passioni? Come sono i tuoi genitori?

Gli spunti di discussione e riflessione sono stati davvero moltissimi, e il gruppo, per quanto
molto ampio e variegato, ha saputo essere un contenitore efficace per accoglierli tutti. Non
solo, si è dimostrato un contesto protetto e rassicurante in cui potersi aprire e sperimentare
senza il timore del giudizio esterno, nel quale i ragazzi si sono sentiti accolti e capiti. Ci è
sembrato a tal proposito un bellissimo segnale il fatto che alcuni dei ragazzi più grandi
abbiano voluto invitare degli amici (sordi e non) a partecipare, come a dire “seguimi in un
porto sicuro e piacevole”. Lo stesso è valso per i fratelli udenti che hanno deciso di unirsi a
noi.

Insomma un gruppo con una base stabile e sicura, ma sufficientemente flessibile e aperta
verso l’esterno.

Ecco un punto fondamentale della proposta: non un volersi isolare e sentirsi capiti solo da chi
presenta la stessa condizione, ma un ritrovarsi per attivare un confronto, un misurarsi con
chi affronta le stesse fatiche, con lo scopo di acquisire ancora più forze, risorse ed energie da
spendere poi fuori, nel mondo di tutti i giorni.

Sono nate delle amicizie tra i ragazzi, ma anche tra i genitori, e questo ha fatto sì che si
creasse una rete di sostegno attiva e propositiva, dando nuova linfa al contesto associativo.
Nell’arco di questi due anni abbiamo visto i ragazzi maturare, alcuni hanno avuto
un’importante crescita personale, acquisendo e dimostrando anche all’interno del gruppo
maggiori competenze relazionali e di riflessione su di sé. Nessuno si è risparmiato, ognuno a
proprio modo ha partecipato attivamente portando le proprie competenze e la propria
esperienza, affidandosi fin da subito, senza incertezze o timori. Riconosciamo ai nostri
ragazzi anche una grande capacità di introspezione: riflettere ad esempio sulla
trasformazione non è cosa affatto semplice e scontata, scegliere una modalità grafica per
farlo lo è ancora meno, eppure tutti hanno saputo farlo, con modalità diverse naturalmente, ma dimostrando un’abitudine e una predisposizione al lavoro che fa parte delle loro storie, e che sapranno certamente utilizzare come risorsa per il futuro.